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lunedì 7 febbraio 2011

Liberalismo, questo sconosciuto.

Poiché il mio blog è per me soprattutto un luogo in cui conservare alcune delle mie riflessioni  in modo che non si disperdano in innumerenoli stickies sparsi qui e là,  trasferisco qui anche questo lungo post di un dialogo con un amico.


Caro amico,

ho impiegato parecchio tempo a cercare di capire non tanto le differenze tra un certo suo modo di vedere le cose e il mio, quanto a cercare di capire le origini di questa differenza. Ovvero quale sia la diversa weltanschauung che alloggia nelle nostre teste e la via per cui vi sia arrivata.
Questo mi porta a una ricerca preliminare di chiarificazione delle mie stesse idee e delle premesse da cui io parto. La cosa non solo non mi dispiace, ma anzi penso che sia un utile esercizio di recupero e riordino di nozioni un po’ sbiadite dal passar del tempo.

Anzitutto direi che mi sembra necessario eliminare ogni confusione tra i piani d’indagine.
Bisognerebbe decidere se vogliamo parlare di idee politiche o di politica sociale.
La vita  politica che si sviluppa nella realtà che ci circonda  può, a mio avviso, diventare compresibile (almeno si spera)  solo una volta chiarite  almeno le fondamenta delle idee politiche di cui ci vogliamo occupare. Nel nostro caso quelle liberali e socialiste.

Le due stanno a fatica insieme, eppure sempre di più devono convivere e confrontarsi, perché nessuno Stato riuscirebbe  a essere totalmente liberale o socialista - Obama sta chiaramente introducendo, con mille cautele e difficoltà, elementi socialisti in uno Stato di  lunga e profonda tradizione  liberale - quindi per capire cosa si vuol  dire è necessario tenere ben distinte le due diverse direzioni da cui si guarda all’uomo e alla società.

Per il liberalismo  la società come realtà non esiste, è un’astrazione, quindi non ha senso ragionare su di essa, anzi il farlo è considerta una forma di negazione della libertà. Si lavora sulla libertà negativa - quella che concede la libertà - che per sua natura è origine di controllo e dominio, ovvero di totalitarismo, anziché sulla  libertà positiva  che lascia al singolo la possibilità di espandersi liberamente (Berlin, Isaiah. Four Essays on Liberty. 1969).
Per il liberalismo esiste l’Individuo, l’uomo, il singolo, quello vero in carne ed ossa. Non esistono categorie di uomini (bianchi, neri, donne, uomini, eteri, omo, ecc.) esiste il singolo con la sua situazione concreta e reale.  Quindi tutte le leggi devono comprendere tutti in quanto individui.

Ma intorno a noi non sempre è così, mi direbbe subito lei. E’ vero, allora come facciamo a capire se una legge viene da un corpo di idee liberali o  socialiste?

Semplice (mica non tanto!)

Il liberale parte, alle sue origini, dalla correzione del patto hobbesiano che affidava al sovrano assoluto tutto il potere per por fine alla lotta di tutti contro tutti. Alla situazione di servitù che ne derivava,  si opponeva, infatti, l’aspirazione dell’individuo alla libertà. Per porvi rimedio si introdusse l’ipotesi (in cui allora tutti credevano fermamente, mentre noi, più smaliziati, sappiamo benissimo come fosse una creazione del cervello umano, al pari di tutte le altre idee di cui ci serviamo) di  una ‘legge di natura’ (http://en.wikipedia.org/wiki/Natural_law).  Questa garantiva a tutti, già alla nascita, alcuni diritti imprescindibili e intangibili,  e questi, ifatti,  furono storicamente compendiati nel primo documento che poneva il liberalismo alle fondamenta di uno Stato: La Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti , 1776 .  “We hold these Truths to be self-evident, that all Men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty, and the pursuit of Happiness.” (http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Declaration_of_Independence),
 In queste parole c’è tutto. Poi furono aggiunti il Bill of Rights e il 1° Amandement, ma non aggiungevano, specificavano soltanto.

Partendo da questa base si capisce la funzione (minima) dello Stato per il liberale. Solo quella di proteggere questi diritti, che ogni individuo già possiede, da pericoli esterni; aggressioni da altri stati, da poteri costituiti (la chiesa cattolica e tutte le chiese costituite sono aborrite), ma anche dalla sopraffazione di un individuo sull’altro.  Da cui sempre una precisa limitazione della libertà  che nel liberalismo non è mai arbitrio.
Quindi tutto parte dall’Individuo e lo Stato esiste per garantire all’individuo ciò  che già ha di suo. Lo  Stato - il cui potere deve esser tenuto sotto controllo (donde la separazione dei poteri dalla lezione di Montesquieu) -  è al servizio dell’Individuo e dei sui diritti.

Ma i diritti dell’individuo finiscono qui. Ha  infatti  diritto di non esser ucciso, ma a mantenersi in vita ci deve pensare da solo. Ha diritto a cercare la ‘sua’ felicità (che lui solo può sapere quale sia) ma deve procurarsela da solo.
Quali i doveri?
Primo quello di non compiere atti che danneggino o limitino i diritti degli altri, che poi sono gli stessi che i suoi. E poiché lo Stato è là come garante perché questo sia effettivo e interviene con le leggi necesssarie, egli ha il preciso dovere di rispettare le leggi. Secondo quello di pagare le tasse con le quali lo Stato deve organizzare alcuni servizi (difesa militare, politica estera, moneta, infrastrutture e simili)
Ma allora tutto il resto?
Tutto il resto si prevedeva fosse fatto privatamente. La giovane America era molto religiosa (lo è ancora, fatte le debite proporzioni) e, al di là di un convinto individualismo, possedeva un forte spirito di comunità,  preciò abbondava di libere associazioni private, ma con fini pubblici (anche ora) che pensavano a molti dei problemi sociali. Educazione religiosa, assistenza caritativa, parte dell'istruzione, ecc. 
Naturalmente ora le cose hanno assunto dimensioni, e quindi equilibri, diversi ma la tendenza è sempre la stessa. Restano quindi, per lo Stato, obblighi solo quelli che tutelano l’individuo  e i suoi diritti, mentre  hanno invece la forma di ‘offerte’ le norme che inducono a fare qualcosa. Non si impone ma si induce a scegliere.
Un esempio potrebbe essere (ma non ne ho la certezza perché non conosco bene la normativa) l’assicurazione per la macchina . Obbligatoria in quanto devo poter risarcire chi investo. Mentre non è un obbligo l’assicurazione malattia o quella pensionistica perché la salute e la vecchiaia sono problemi miei  o di qualcuno di cui io sono responsabile:figli, famiglia ecc.(Questa base dovrebbe far capire anche le difficoltà di Obama).
Naturalmente tutto diventa obbligo quando sottoscrivo liberamente un contratto.

Passiamo alla idee del socialismo (nelle innumerevoli versioni succedutesi in tempi e luoghi diversi)
Il socialismo, diventa rilevante politicamente quando, sull’onda  del positivismo  da socialismo utopistico  passa alla forma di  socialismo scientifico ovvero pretende di ad applicare allo studio dei rapporti umani lo stesso metodo di analisi usato per le scienze.
Impiega quindi categorie astratte  e  classificazioni per analizzare la società, che è appunto un’astrazione nella quale l’individuo scompare.  Inizia l’era delle generalizzazioni. Per sapere qual’è il problema di una persona invece della sua storia personale si deve prima di tutto vedere a quale categoria appartiene: uomo, donna, giovane, vecchio, bianco, nero, residente, immigrato, etero, omo …. Solo quando si saprà dove collocare questo oggetto d’analisi si saprà quali sono i problemi di quel gruppo e quindi il suo.  Sembra che abbia esagerato e parodiato, ma ho limpressione di non essere troppo lontana dalla realtà. (Infatti, non a caso, ci sono correnti che cercano di tornare all’attenzione alla persona. In medicina, ad esempio, o nel recupero della meritocrazia)

E chi crea queste classifiche e organizza la loro amministrazione? chi può sapere di cosa hanno  bisogno gli appartenenti ai singoli gruppi? di cosa ci sia bisogno per il loro benessere e la loro felicità, che naturalmente non saprebbero cercare e trovare da soli individualmente ?
Ma lo Stato, naturalmente! Solo uno Stato forte e ricco può avere i mezzi per assemblare tutti i cervelli necessari per soddisfare all’esigenza di simili complicate analisi e realizzazioni.
E l’individuo deve adattarsi alle norme imposte (si spera almeno con un qualche sistema rappresentativo) dalle esigenze individuate per il gruppo cui appartiene e deve esser felice all’interno di quelle perché i dotti hanno accuratamente scelto per lui. 
Ovviamente, tranne che per i paesi del cosiddetto ‘socialismo reale’ , dove si era andati parecchio avanti in questa direzione, queste esagerazioni restano tali.

Queste sono alcune cosette che sono riuscita a recuperare dalla mia memoria. Spero che lei le condivida sicché si possa proseguire nella nostra conversazione.
Forse l’ho fatta lunga, ma  arrivare all’osso mi sembrava indispensabile per capire le sfumature dei diversi eventi politici cui siamo presenti e il cui senso troppo spesso ci crea qualche perplessità.

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