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domenica 20 febbraio 2011

Giudizi di fatto e giudizi di valore

Quando capita, e capita raramente, che in un blog il dialogo si inerpichi fra temi di largo respiro che, uscendo dalle riflessioni quotidiane, si avventurino fra i fili ideali che sottostanno ai nostri discorsi, il ritorno più entusiasmante, per me, è l’impulso alla conoscenza che ne scaturisce. Il confronto tra degli sconosciuti che si avventurano insieme alla ricerca di precisazioni e chiarimenti è  oltremodo stimolante. Vecchi libri scendono dagli scaffali, il web è percorso in un furioso andirivieni e il cervello cerca disperatamente di riacciuffare quella vecchia nozione che si sfuma nella memoria. E’ vita, e della migliore.
Recentemente ho incontrato un blogger con il quale questo tipo di discorso si è attivato.  Insieme  pian piano abbiamo cercato di delimitare l’obiettivo: distinguere nella realtà politica italiana - osservando eventi, atti giuridici, discorsi - cosa apparteneva al liberalismo e cosa invece no. Lo spunto era infatti partito da una diversa valutazione di alcune frasi  di Piero Ostellino.  In breve ci siamo immersi nel lavoro, con entusiasmo, ma anche con paziente precisione.
Insomma stavamo facendo un timido tentativo di volare un pochino più alto di quanto accade di solito nei blog.
Poi una nuova voce si è unita. Sembrava un miracolo: non solo due , ma addirittura tre!
E invece capirsi non è stato facile.
La  nostra discussione era stata letta con grande interesse ed era stata trovata appassionante,  eppure il primo post dava l’impressione  o che la lettura non avesse fatto attenzione a tutta la dettagliata descrizione fatta nei post precedenti su ciò che contiene e ciò che non contiene l’ideologia liberale oppure che il tutto non fosse stato capito. A questo punto una nuova spiegazione ha cercato di chiarire cosa si intendeva dire e per maggiore chiarezza venivano aggiunti due siti che dovevano servire da esempio per chiarire le cose.  Molto rapidamente, troppo rapidamente, arriva una nuova replica in cui permaneva la totale incomprensione della differenza tra “uguaglianza di opportunità” e “uguaglianza di risultati”, fondamentale per il liberalismo,  mentre si insinuava la pretesa  di  portare il discorso dalla “descrizione” di cos’è l’ideologia liberale alla  “valutazione” delle sue conseguenze pratiche nella vita sociale

MA NON ERA DI QUESTO CHE SI ERA SCELTO DI PARLARE. 

Si era nell’ambito di un “giudizio di fatto” (si descrivevano i principi del liberalismo), si parlava di “essere”  (cos`è  e cosa non è)  . Mentre il nuovo interlocutore partiva con un “giudizio di valore” (cosa non va bene nel liberalismo),  parlava di “dover essere” (diceva come avrebbe dovuto essere per produrre un’uguaglianza, cosa che, fra l’altro, il liberalismo mai si è proposta).

E non è che vi sia stata una precisazione del tipo, State parlando del sesso degli angeli, veniamo a cose concrete. No, c’era una completa inconsapevolezza dell’equivoco. E due repliche non sono riuscite a chiarirlo.
Perché ho fatto un post su questo episodio?
Ma perché quello che è accaduto non segnala affatto una particolare mancanza di intelligenza o di preparazione in chi ha scritto, essendo proprio questa  la preparazione normale nei giovani italiani anche in quelli non privi di una certa istruzione.
 E dico normale (nel senso statistico del termine), perché ben  52 giornalisti   del Corriere della Sera, in una replica a Ostellino erano incorsi esattamente nello stesso errore (http://www.corriere.it/cronache/11_gennaio_20/controreplica-ostellino_0c4fd05e-24ce-11e0-8269-00144f02aabc.shtml) . E per dei giornalisti la cosa è veramente grave anche perché si suppone che abbiano al loro attivo un certo curriculum scolastico. Magari una laurea.
Non capisco cosa sia successo alla scuola italiana, in passato chi non aveva le idee chiare su una cosa del genere semplicemente non usciva dal liceo.

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